Le cure palliative, una terapia per anima e corpo
La legge 38 del 2010 ha definito le cure palliative un diritto inviolabile di ogni cittadino, ma ad oggi rappresentano ancora un tabù.
Di Chiara Grossi
«Quando sembra tutto finito, c’è ancora tantissimo da fare. Questa è un’esemplificazione del nostro servizio: assistere con amore persone vive fino all’ultimo istante». Così Cinzia, una dei diciotto volontari del Circolo San Pietro impegnati nell’hospice della Fondazione Sanità e Ricerca di Roma, cerca di farci entrare nel mondo delle cure palliative.
Questi trattamenti hanno lo scopo di gestire i sintomi di patologie inguaribili o insostenibili, come quelle oncologiche, croniche e degenerative, al fine di migliorare la qualità di vita di chi ne è affetto. Oltre ai trattamenti farmacologici si affiancano interventi assistenziali complementari e allo stesso modo indispensabili, forniti da equipe interdisciplinari, come la fisioterapia e la terapia occupazionale, che contribuiscono al benessere psicologico dei malati. Non a caso il termine “palliativo” deriva dal latino pallium, che significa mantello, con il quale vengono avvolti e protetti i più fragili, per rendere le ultime fasi della malattia meno dolorose. Il servizio offerto è «a tutto tondo. I pazienti recepiscono la nostra vicinanza, soprattutto quando non hanno nessun altro accanto e nel momento in cui le loro famiglie sono presenti, le sosteniamo in ogni modo», spiega l’operatrice.
La figura del volontario non può essere sostituita perché, come persona estranea alla cerchia familiare e all’ambito medico, rappresenta per il degente un punto di riferimento al quale esprimere le proprie emozioni senza timori: «Noi vorremmo trasmettere lo spirito propositivo con cui svolgiamo questa attività, perché c’è gioia anche negli ultimi giorni dell’esistenza di un individuo. Tutte le sovrastrutture vengono abbattute e si arriva all’essenza della vita, che condividiamo con loro», aggiunge Cinzia.
L’hospice accoglie trenta ospiti, mentre centoventi usufruiscono delle cure a domicilio. Non c’è, però, personale sufficiente, forse perché il peso emotivo di questo incarico fa paura: «Molti sono spaventati dal fine vita, nonostante sia un ambito difficile è una scuola che ti fa comprendere le cose davvero importanti. Siamo comunque supportati da uno psicologo, con il quale abbiamo una riunione ogni quindici giorni, che ci aiuta e ci instrada nel percorso».
Non è raro riscoprire in questi ambienti legami profondi, tra matrimoni celebrati e ricongiungimenti familiari: «Tempo fa nella struttura c’era un signore anziano che aveva otto figli sparsi per il mondo e con i quali non aveva rapporti. Era arrabbiato con tutti – racconta la volontaria –poi piano piano abbiamo instaurato un rapporto così puro che alla fine lui si è riavvicinato alla Fede. Insieme al nostro prete ha voluto persino organizzare una festa per la sua estrema unzione».
È importante sensibilizzare anche le giovani generazioni, come spiega Chiara, professoressa associata di scienze infermieristiche alla Link Campus University: «La mia esperienza come docente universitaria è sempre illuminante perché cerco di trasmettere una competenza totale, relativa a tutti i bisogni della persona e del nucleo familiare. I primi tempi gli studenti sono quasi intimoriti, poi capiscono quanto possa essere stimolante dal punto di vista professionale, è un full immersion di umanità. Più che mai c’è bisogno di formazione, competenza e responsabilità». Lei ha iniziato a lavorare in questo campo venticinquenne anni fa, quando ancora non c’era una normativa sulle cure palliative, poi introdotta nel 2010. La legge 38 ha posto al centro la tutela della dignità della persona, creando specifiche reti assistenziali e semplificando le procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore.
Chiara, come membro della Commissione Regionale che si occupa di implementare tali reti nel Lazio, spiega come si stia sviluppando il filone delle cure palliative precoci: «A livello nazionale si sta cercando di introdurre in tempi più brevi questa tipologia di trattamento nei percorsi terapeutici, ad esempio mentre si sta facendo la chemioterapia, poiché è stato dimostrato quanto possa essere di supporto per migliorare in maniera importante le condizioni di salute. La regione sta lavorando sulle cure palliative di base, che il medico di medicina generale, insieme ai servizi del territorio, può iniziare a somministrare a coloro che hanno ancora un’aspettativa di vita lunga, ma hanno sintomi importanti che necessitano di essere alleviati».
Il concetto guida è la progettazione di ogni singolo giorno insieme ai pazienti fino alla morte, che è un evento atteso, ma non dimenticando che lungo il percorso c’è ancora tanta vita.